venerdì 12 settembre 2008

Caro PD, ascolta Claudia Mancina

Stava quasi per prendermi lo sconforto. Aggredito e pressato dalla logora e retriva pletora sindacale che da sempre, in società con la congrega dei "pedagogisti democratici", detta il bello e cattivo tempo nel campo della scuola, il PD si preparava come un sol uomo alla battaglia di settembre contro Mariastella Gelmini, vituperata Ministro della Pubblica Istruzione.
Mobilitazione generale al grido : salviamo la scuola pubblica contro l'affondamento della scuola pubblica italiana. No all'autoritarismo, no al classismo, no all'impoverimento curriculare e didattico, no al ritorno al maestro unico.
Una scempiaggine colossale. La verità è che la scuola italiana è allo sfascio e che bisogna urgentemente porre dei rimedi. La strada del rigore, del ritorno alla valorizzazione del merito e dei contenuti solidi, della disciplina, del taglio dei posti inutili è la strada giusta per dei riformisti che abbiano a cuore una scuola migliore per gli italiani di domani.
Temevo quasi che il mio partito, colto da un furore dipiestrista di opposizione a prescindere, tenesse monoliticamente questa rotta sciagurata, vanificando con ciò ancora una volta l'impegno che abbiamo preso con il Paese di voler riformare l'Italia.
Per fortuna oggi sul Riformista Claudia Mancina ha detto una cosa seria e positiva. Non si tratta di combattere la Gelmini nel suo tentativo di cambiare le cose, ma di sfidarla a realizzare quello che dice, per il bene della scuola e degli italiani.
Brava Claudia, la tua è una voce democratica che canta fuori dal coro sovietico che nel partito abbiamo sentito negli ultimi giorni.

Da "IL RIFORMISTA" di venerdì 12 settembre 2008

"CARO PD LA GELMINI HA RAGIONE
DI CLAUDIA MANCINA
La scuola costituisce da sempre un lato molto esposto del profilo riformista della sinistra. Esposto, cioè, alla regressione negli antichi vizi dell`opposizione comunista: statalismo, corporativismo, propagandismo.Anche oggi il Pd sembra voler raccogliere le truppe di un`opposizione dispersa contro le misure del governo sulla scuola, promettendo un autunno caldo che ricalca quello che nel 2001 oppose il centrosinistra alla Moratti. Le ragioni di questa sensibilità non sono difficili da individuare. La prima attiene a una tradizione culturale.

La sinistra si è sempre battuta per l`efficienza e la dignità del sistema pubblico, per l`accesso egualitario, peri diritti degli studenti e degli insegnanti, per la democrazia scolastica.

Ha l`orgoglio di avere ispirato la maggiore (se non unica) riforma del dopoguerra, quella che istituì la scuola media unica. Tutti obiettivi estremamente meritori, che tuttavia non possono essere ripresentati oggi tali e quali.

Un`altra evidente ragione, meno nobile ma non meno stringente è che in questa enorme azienda e nel suo indotto - le famiglie - la sinistra trova da sempre una parte consistente e molto attiva della sua base elettorale e d`opinione, con la quale la Cgil fa da cerniera.

La centralità della scuola tuttavia si fa sentire soprattutto quando c`è da fare campagna di opposizione. Sul piano proprio del rifonnismo, dopo la stagione di Luigi Berlinguer, in gran parte fallita proprio per gli ostacoli posti dal sindacato e dal tradizionalismo della sinistra, non è che si sia visto o si veda molto, al di là di un buonsenso democristiano anni Cinquanta, rimesso in circolazione dal passato ministro e dall`attuale governo ombra.

Siamo oggi di fronte a una nuova titolare del ministero, che sta presentando qualcosa di simile a un progetto di riqualificazione della scuola pubblica in base a principi quali il merito, la responsabilità, l`autonomia e la valutazione.

Sono principi che il Pd dovrebbe condividere. L`affermazione fondamentale è che la funzione della scuola è quella di formare le nuove generazioni e non quella di combattere la disoccupazione. A partire da qui (o, con le parole di Attilio Oliva, guardando la scuola finalmente dalla parte degli studenti e non da quella degli insegnanti) andrebbe disegnato l`intervento dell`opposizione. La Gelmini dovrebbe essere sfidata a realizzare davvero quello di cui parla. Poi le sue proposte si potranno criticare, e se ne potranno fare di diverse. Ma altra cosa è tirare fuori il solito armamentario dell`attacco alla scuola pubblica, al tempo pieno all`occupazione, ai precari eccetera.
Guardiamo la questione della scuola elementare, l`unica sulla quale c`è un atto concreto (anche se ancora vago quanto all`attuazione). Si può dire che il ritorno al docente unico è solo una questione di tagli, ma è altrettanto lecito pensare che il passaggio al docente plurimo fu essenzialmente una scelta occupazionale.

Poi ci sono argomenti pedagogici a favore dell`una come dell`altra opzione. E del resto, da quando i tagli in una struttura mastodontica, costosissima e inefficiente sono un disvalore? Si dovrebbe piuttosto ragionare su quali altri tagli, magari più produttivi, siano possibili, per esempio intervenendo sull`organizzazione del lavoro e sul dimensionamento delle strutture. Ma i tagli, che sono stati resi inevitabili dalla contrazione demografica prima ancora che dalle difficoltà finanziarie, sono cominciati almeno col governo Amato (1992). Da allora, con la parentesi Berlinguer, la sinistra che si dice riformista non è stata capace di produrre un progetto per la scuola che non fosse la cieca battaglia per lasciare tutto com`era, magari spendendo di più.

La scuola italiana com`è non funziona. Non funziona come agenzia di istruzione come risulta dall`alto numero di abbandoni e come può dire chiunque insegni all`università e si veda arrivare ogni anno studenti un po` più impreparati.

Non funziona come agenzia formativa, come risulta dall`evidente crisi di identità e di ruolo degli insegnanti, dalla diffusione di comportamenti devianti tra gli studenti, dalla crescente difficoltà dei professori di coinvolgere l`interesse degli allievi sulle materie eurrieolari. Non funziona neanche dal punto di vista democratico, perché non riesce a compensare le diseguaglianze di opportunità dovute alla nascita. Sono problemi grossi, e se Veltroni pensa davvero che la formazione sia vitale per il paese dovrebbe portare il suo partito ad analizzarli e a fare proposte per affrontarli. Vorrei sentir dire al Pd che l`insegnamento è una professione, e quindi bisogna introdurre una reale differenziazione di ruoli e di stipendi tra gli insegnanti; che bisogna formarli all`uso attivo e creativo delle tecnologie nella didattica, che bisogna formare i presidi alla direzione aziendale; che bisogna accorciare il ciclo di studi di un anno, per evitare che i nostri ragazzi siano svantaggiati nel confronto con gli altri paesi europei; che bisogna abolire l`esame di maturità e sostituirlo con prove scritte corrette da agenzie esterne; che bisogna dare alle scuole reale autonomia e quindi la libertà di assumere i docenti sulla base di liste di idonei; che i genitori sono chiamati a condividere la responsabilità educativa ma non devono intromettersi nella responsabilità professionale dei docenti. Sono scelte difficili e impopolari, e il Pd non sembra intenzionato a farle. Dubito che la ministra Gelmini ci riesca, visto il destino di chi prima di lei aveva tentato alcune di queste strade. In Italia si parla molto della centralità della scuola, della sua crisi, della sua mancata altissima funzione culturale, ma poi si rifugge dallo sfidare il potentissimo blocco di opinione, trasversale agli schieramenti po1i1ici, che rifiuta qualunque intervento riformatore. Se però la ministra riuscisse a fare anche una sola delle cose di cui parla, sarebbe ancora una volta un punto per il governo e un`occasione perduta per il Pd".



Caro Walter, dici che è proprio il caso di perderla questa occasione? Io non me la perdo e per quello che posso mi impegno a favorire la riforma della scuola.

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