La sconfitta svela i mediocri, ma non perché solo i migliori vincano. Tutt'altro.
La
storia squaderna miriadi di casi di migliori vinti da peggiori, né vale
la pena di elencarne qualcuno poiché la consapevolezza attiva dei
lettori ne avrà già indicati tanti.
La sconfitta svela i mediocri
poiché costoro non l'accettano, ovvero non riconoscono le loro colpe che
li hanno portati a perdere. I mediocri si ammantano di alibi, cercano
solidarietà di gruppo, incolpano gli altri della loro disfatta.
Il caso di Marta Vincenzi a Genova è esemplare.
Se
vi è una cosa assodata in questo confuso Paese è che dal 1993 non
esiste dalle nostre parti un potere più forte di quello dei sindaci, né
vi è un ruolo che assicuri altrettanta visibilità e la capacità
potenziale di stringere un rapporto forte di fiducia, condivisione ed
attesa con i cittadini.
Su questo argomento i politologi hanno
sfornato decine di saggi e centinaia di articoli, non senza qualche
legittima preoccupazione sulla personalizzazione dei poteri locali (con
tutti i rischi di un'americanizzazione della politica in salsa
mediterranea).
Per questa ragione quando un sindaco non solo non
riesce ad essere rieletto (il che è raro, venendo sistematicamente
rieletti non solo i migliori, ma anche non pochi tra i peggiori), ma non
riesce ad ottenere nemmeno il sostegno degli elettori della sua parte
politica attraverso una consultazione di tifosi come le primarie, cosa
dovrebbe fare? Prendersi una pausa, rifletterci su e quindi recitare un
convincente mea culpa, possibilmente ringraziando chi comunque ti ha
consentito di svolgere un'esperienza importante.
Tutto il contrario ha fatto la Vincenzi.
A
botta calda si è dedicata allo sfogatoio telematico lanciando una serie
di invettive dalla sua pagina di twitter, che peraltro sfoggia un cursus honorum
(Sindaco, Presidente di Provincia, Europarlamentare) imbarazzante per
chi non è riuscito a farsi rinnovare la fiducia nemmeno dai suoi.
La
Vincenzi non ci sta, la colpa è degli altri, del partito, di quelli che
hanno tramato alle sue spalle e che lei generosamente ha lasciato fare,
di quelli che vanno in bicicletta, di Don Gallo (caso raro di critica
gratuita all'arzillo chierico genovese).
Non solo. Come Alberto Sordi con la malattia (A me m'ha bloccato la malattia),
la Vincenzi indica l'alibi principe: mi avete tarpato le ali perché
sono una donna, arrivando a paragonarsi ad Ipazia, probabilmente nulla
sapendo della vita di questa filosofa (si suggerisce la lettura della
bella biografia della Ronchey che demolisce il topos della scenziata vittima dell'oscurantismo).
La
Vincenzi vorrebbe consolarsi urlando: non mi avete sostenuto perché
sono una donna. Non è vero Marta. Essere una donna non ti ha impedito di
essere eletta sindaco, presidente ed europarlamentare. Non ti ha
impedito di amministrare la cosa pubblica per più di venti anni con
ruoli diversi e prestigiosi.
Il tuo problema non è quello di
essere donna (peraltro i dirigenti del PD con non inusuale cinica
doppiezza avevano pensato di risolvere il problema opponendo a una donna
un'altra donna, così giusto per scansare il rischio di essere presi per
sessisti), ma l'aver fatto il sindaco in un modo che non è piaciuto ai
Genovesi, che se fossero stati contenti di te (di Marta, non di una
donna o di un uomo), sarebbero andati ai seggi delle primarie (aperti a
tutti) per assicurarsi altri 5 anni di un governo loro gradito. Non è
andata così.
Fattene una ragione, sei come tutti noi (uomini o
donne) un essere umano che sbaglia e che qualche volta paga pegno. Ma se
continui ad albertosordeggiare rischi di apparire come un essere umano
mediocre. E non lo meriti tu e nemmeno i Genovesi che in passato tante
volte ti hanno dato il loro consenso.
“Meccanicismo”, il testamento intellettuale di Giorgio Israel
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«Il titolo è già chiaro nell’indicare il principale proposito del libro, ma
non rende chiara la ricchezza dell’indagine che Israel offre al lettore.
Par...
6 anni fa
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