giovedì 24 dicembre 2009

Natale

Natale è il mondo che si rinnova.
Natale è la vita stessa che torna a visitare la terra, rianimando il mondo in rovina.
Natale è il Verbo che si fa carne e rende viva per sempre la nostra natura mortale.
Viviamo tutti questo Natale nella gioia e nel ringraziamento.



(Francesco di Giorgio Martini, Natività, San Domenico, Siena)

martedì 1 dicembre 2009

Left getti il Crocifisso? Io getto questa sinistra nel cestino. Senza rancore

Un cestino nero pieno di cartacce appallottolate.
Un’immagine che si presterebbe bene a simboleggiare i fallimenti di decenni di dottrine che per cambiare il mondo e per fondare una nuova umanità hanno reso gli uomini schiavi di altri uomini, provocato l’uccisione di centinaia di milioni di persone e dissolto le regole di buona convivenza che da settimane di secoli regolavano famiglie e società.
Ma qualcosa non quadra. In quel cestino c’è anche un crocifisso. E sotto in rosso campeggia una scritta che vorrebbe essere provocatoria, irridente: “E così sia”.
In quel cestino redattori già in eskimo ed ora in polacchine vorrebbero buttare l’icona dell’Uomo Dio che si offre come vittima innocente per far trionfare l’amore sull’odio.
Gente sprezzante che detesta cordialmente chiunque la pensi in modo diverso, che nega ragionevolezza e dignità di interlocuzione a chi non intona i suoi mantra nichilistici, che deride chi cerca un senso nel cammino della vita, quella gente gode nel gettare il Cristo inchiodato alla croce in un cestino di cartastraccia.
Perversi intellettuali scelgono un crocifisso dorato, come a negare spiritualità a una realtà che sarebbe solo mondana, loro che disperatamente consumano un’esistenza tutta confinata a questo orizzonte terreno, cercando per sé quanta più gratificazione materiale possibile.
Sciocchi statistici godono di un’ennesima inchiesta che dimostra che abbonda il peccato nel popolo dei credenti. E di nuovo vorrebbero gridare: Dio non c’è, o meglio Dio non c’è più. Sono rimaste solo le nostre belle polacchine. Baciatecele.
La Chiesa non è minata dal peccato, Cristo è salito su quella croce proprio perché il peccato sarebbe abbondato.
Lo sa ogni credente, lo so io mentre scrivo queste note e conosco e detesto le mie colpe e le tante volte che ho abbandonato gli insegnamenti della Chiesa per inseguire seducenti lusinghe di realizzazione personale, di egoismo, di piacere.
E tremo mentre scrivo, perché il male continua a suonare la sua musica ammaliante all’orecchio della mia anima. Un’anima superba che vorrebbe essere veggente anche quando cammina per sentieri oscuri.
Ma intanto ho scoperto una luce. Intanto ora posso ricominciare un cammino.
È stato un lampo, questa mattina, alle 7,15, mentre cercavo di prendere un treno per andare a scuola.
La copertina blasfema, oscena, idiota, desolata, ebbra di farneticazione campeggiava nell’edicola della stazione.
Un lampo ha dissolto le tenebre della mia pigrizia morale ed intellettuale.
“Left” vorrebbe il Crocifisso nel cestino?
Cominciamo con il buttare questa sinistra nel cestino. Questa sinistra disumana ed immorale. Disperata e disperante. E gettarla così tra le carte sciocche delle sue farneticazioni perché torni a pascersene, gettarla e andare via, riprendendo il cammino, senza rancore.

Marco Presutti

1 dicembre 2009, memoria del Beato Carlo di Gesù (Charles de Foucauld).

sabato 25 luglio 2009

Guido Gozzano, "La differenza"


La differenza

Penso e ripenso: - Che mai pensa l'oca
gracidante alla riva del canale?
Pare felice! Al vespero invernale
protende il collo, giubilando roca.

Salta starnazza si rituffa gioca:
né certo sogna d'essere mortale
né certo sogna il prossimo Natale
né l'armi corruscanti della cuoca.

- O pàpera, mia candida sorella,
tu insegni che la Morte non esiste:
solo si muore da che s'è pensato.

Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
Ché l'esser cucinato non è triste,
triste è il pensare d'esser cucinato.

G. Gozzano, "La via del rifugio"

lunedì 23 febbraio 2009

l'abbeceDario

«Io non so che cosa è la scienza, perché la vacca quando ero un ragazzo mi ha mangiato l'abbecedario». La smania librofaga d’una vacca come causa fatale di una perdita irreparabile. Così  la mette Lanzavecchia senior in Giacomo l’idealista di Emilio De Marchi (Opere, 1951, p. 319). Perché non un libro divorò il cornuto ruminante, ma il libro. L’abbecedario, ovvero il fondamento dell’istruzione, il che vale a dire il fondamento di ogni cammino di emancipazione e di riscatto nell’Italia ancora ignara dei crimini della pedagogia progressista.

Una pedagogia di figurine e filmati che aveva solidamente piantato le tende, rigorosamente di tendenza, nella casa di tutti i riformisti, quel partito trovatosi improvvisamente senza guida dopo aver perso l’isola dei nuraghi, ovvero il continente alla deriva nel Tirreno.

«Senza guida da che parte si va?». Questo avranno pensato gli oligarchi del PD di fronte all’ennesima furbata di Uolter Veltroni, che dell’arte del “Si salvi Sansone, muoiano i Filistei” è maestro indiscusso (e solo di quello).

Il darsi alla macchia di Uolter deve aver lasciato spiazzati  i “Cari Leader” di coreana tradizione, i quali per parte loro già gustavano nelle papille linguali lo spettacolo della crocifissione dello studioso del Gatto Felix (Cossiga dixt), dopo la disfatta prossima ventura alle Europee.

«Che si fa?» la variante pariolina dell’antica domanda leninista risuonava diffusa come un muggito nelle sale ampie del Nazareno, che già videro regnare Francesco il pietoso fu radicale.

«Qui qualcuno dovrebbe ricominciare dall’abbecedario» disse allora con il consueto sarcasmo quello, al contempo, più e meno “Caro Leader” degli altri.

La frecciata svelta colse la fronte assorta di un che disse: «Ah, be’, c’è Dario».

Come l’alba della Resurrezione, tale la pensata sfolgorò al Nazareno, testimone non la penitente Maddalena, ma la presidente Finocchiaro.

La sua voce densa di sole, di mare e di bionde diede l’annunzio al mondo: «Il PD non si ferma qui. Si riparte dall’abbeceDario».

E si riparte, sperando che il giovane maestro della Bassa Padana faccia onore al suo nome, voltando le spalle agli anni frolli di cinema e varietà.

Sempre che questa volta le mucche restino a digiuno.