martedì 25 gennaio 2011

Scopriamo la P&G ora che se ne va

A guardare la realtà, si scopre di essere sprovveduti in tanti modi.

Uno dei più sicuri è rendersi conto che vicino a noi c’erano cose meravigliose ed eccellenti solo quando queste non ci sono più. O quando sono lì lì per venire meno.

Questa scoperta accade tanto di frequente alle persone che non varrebbe nemmeno la pena di starne a parlare. Tanto sappiamo come si fa: l’importante è far finta di nulla, come il re nudo in mezzo alla folla. Se lo sappiamo solo noi non è un gran male essere sprovveduti.

Diverso è il caso di una comunità. Quando se ne rende conto una comunità, i conti con se stessa deve pur farli.

Pescara questa scoperta l’ha fatta in questi giorni.

Sta chiudendo il centro ricerche della Procter & Gamble. Non a Cincinnati ma a casa nostra, a Sambuceto. Un luogo di eccellenza dove lavorano 130 ricercatori che sviluppano innovazioni che entro qualche anno diventano oggetti di uso comune. Tutto questo nel 2012 non ci sarà più. Fine della storia.

Una storia nata con la Fater, il più grande insediamento industriale dell’area di Chieti - Pescara, una realtà da 760 milioni di fatturato con un migliaio di dipendenti.

Faricerca, questo era il nome del centro prima che arrivasse P&G (dal 1992 in joint venture con il gruppo Angelini nel controllo della Fater). La freccia migliore nell’arco della grande azienda pescarese, che grazie alle innovazioni e ai brevetti ideati in casa ha potuto sbaragliare ogni concorrenza interna ed esterna. Anche per questo motivo gli americani preferirono entrare in Fater piuttosto che continuare a perdere quote di mercato.

La Fater fu divisa al 50% ma Faricerca passò interamente a P&G che in Italia ha un altro centro di ricerca a Pomezia, oltre a diversi altri in giro per il mondo.

P&G vende i suoi prodotti a due miliardi di persone e si propone di raggiungerne un altro miliardo. Come tutte le realtà planetarie guarda a oriente. Ad occidente si taglia dove si può.

A Newcastle no, lì resta un grande centro di ricerca che fu inaugurato in pompa magna nel lontano 1957 dal Duca di Northumberland. La comunità di Newcastle favorì in ogni modo quello stanziamento e continua a farlo, consapevole dell’importanza di ospitare un hub internazionale nel quale lavorano per la P&G 330 ricercatori da tutto il mondo.

Proprio lì andranno a lavorare l’anno prossimo molti dei ricercatori di Sambuceto. Da noi si chiude, alzi la mano chi se ne era accorto.

Eppure la Fater è la vera fabbrica di casa nostra, eppure senza quel centro di ricerca la stessa Fater rischia di essere più debole. Cosa accadrebbe se P&G tra alcuni anni dovesse decidere di non averne più bisogno?

Viviamo in un’economia di mercato, i manager prendono le decisioni che vogliono e rispondono agli azionisti. Ci mancherebbe.

Ma siamo sicuri che un territorio non possa far nulla per invogliare le aziende a restarci e possibilmente a svilupparsi? A Newcastle ci sono riusciti. Noi no, anzi non sapevamo nemmeno che qui operava un vero centro di ricerche.

A questo punto è il caso di farci un esame di coscienza. Riusciremo a non tirare le cuoia continuando ad essere così sprovveduti?


pubblicato su: http://www.quotidianodabruzzo.it/93/scopriamo-la-pg-ora-che-se-ne-va.html

mercoledì 19 gennaio 2011

Punti fermi di un cattolico in politica

1) La politica di Berlusconi non ci piace. In caso contrario l’avremmo scelta nel 1995 senza spaccare un partito che otteneva il voto di un italiano su dieci.

2) Se quella politica ci fosse andata bene non ci saremmo risolti a lavorare all’alleanza con quella sinistra che con successo avevamo combattuto politicamente per cinquanta anni.

3) Nell’alleanza e poi nella fusione con quella sinistra abbiamo fatto molte cose ma nessuna epocale, eccezione fatta per l’euro, un successo per le finanze forse meno per i cittadini.

4) Negli anni zero del nuovo millennio abbiamo coltivato il sogno di creare una forza politica nuova che unisse tutti i riformisti per dare vita a un partito in grado di affrontare le sfide di questa epoca.

5) Il tentativo è fallito sul nascere, ci siamo ritrovati nella versione scafo a fibra di carbonio del solito carrozzone comunista che dal ’21 ad oggi appassiona un italiano su tre e si fa odiare dai rimanenti due.

6) I meglio fuochisti di questo carrozzone oggi si fregano le mani perché Berlusconi pare star lì lì per cadere per una storia indecente di sottane, portata alla luce con la consueta solerzia dai compagni in toga di Milano.

7) I meglio fuochisti trascurano di dire che politicamente Berlusconi non lo hanno battuto mai, salvo quando nel 1996 riuscirono a portargli via il Bossi.

8) Accade così che l’impolitico Berlusconi abbia sempre vinto sul tavolo della politica, mentre i politicissimi frattocchiari sul ponte di comando covano la speranzella di togliere di mezzo il rivale politico mostrando la pochezza della sua dignità privata.

9) In pratica senza Berlusconi non esiste una linea politica vincente in questo paese.

10) Berlusconi, tuttavia, non ci piace (vd. 1). A questo punto il quesito è leninista: Che fare?

p.s.

S’aggiunge che ormai per noi si applica ai meglio fuochisti del carrozzone l’enunciazione iniziale dei punti 1 e 10. Con maggiore convinzione. Per incapacità, trasformismo ed impotenza (politica, almeno quella di certo).