martedì 21 ottobre 2008

Salva l'Italia? E come può farlo un PD in mano ai fiaccolari?

Il più grande partito riformista della storia d'Italia sceglie come sua prima iniziativa nazionale una manifestazione di piazza per protestare contro il governo che contribuirebbe a determinare il declino politico, economico e morale del Paese. Basta leggere la motivazione di questa proposta per cogliere un'impostazione politica e culturale che rinnega alla radice il profilo riformista che dovrebbe caratterizzare il Partito Democratico. Un tradimento che ha un responsabile evidente: la leadership nazionale in difficoltà dopo la sconfitta elettorale di primavera. Dopo aver fatto deragliare il Governo Prodi nella speranza di incassare nelle urne un successo facile sulle ali della novità, dopo una balbettante e farsesca fase post elezioni di amoreggiamenti con Berlusconi, si torna alla classica strategia dell'autunno caldo per consolidare la forza della dirigenza nel fronte interno al partito. Se questa linea poteva funzionare nel Partito Comunista Italiano, non va bene per il Partito Democratico. Abbiamo bisogno di una classe dirigente in grado di incalzare e di mettere all'angolo il Governo Berlusconi avanzando idee e proposte di riforma più intelligenti e coraggiose. Salviamo l'Italia? Certamente, ma solo se salviamo il PD dalla dittatura molle dei "fiaccolari".

domenica 12 ottobre 2008

chi di invettiva ferisce trova un lothar che lo finisce

questo ho pensato oggi quando ho aperto il centro e ho letto la puntuale risposta del club "siamo gli amici di stefania pezzopane".
Sul Centro di oggi a pagina 13 si poteva leggere quanto segue

Pezzopane: «Resto al mio posto nel Pd»
L’AQUILA. «Oggi sarò a Sulmona a presiedere regolarmente l’assemblea regionale del Partito democratico». Stefania Pezzopane replica così a Marco Presutti, dirigente del Pd che ieri aveva chiesto le dimissioni della Pezzopane dalla presidenza regionale del Pd. Secondo Presutti la Pezzopane aveva sbagliato prima a criticare la realizzazione della nuova sede del consiglio regionale e poi a disertare l’inaugurazione che si è svolta ieri a Pescara. Dunque la Pezzopane ha considerato «irricevibile» l’invito di Presutti a lasciare la presidenza del Pd e ha chiarito: «Conosco bene la differenza fra ruolo politico e ruolo istituzionale» ha detto. Ma dall’Aquila non si placa la polemica contro la sede del consiglio regionale inaugurata ieri a Pescara, doppione di palazzo dell’Emiciclo nel capoluogo di Regione. Il capogrupo del Pd in consiglio comunale Pietro Di Stefano attacca Presutti per quanto ha detto sulla Pezzopane. «E’ assurda e incredibile l’invettiva di dimissioni dalla presidenza regionale del Pd lanciate da Presutti nei confronti della presidente della Provincia Stefania Pezzopane per la sua posizione, condivisa, sul doppione della sede della presidenza del Consiglio Regionale, aperta a Pescara. Vorrei capire il motivo per il quale si è inteso ficcare il partito dentro una dialettica tra istituzioni; non mi è sembrata un’idea geniale tanto più che in sede di partito non si è mai discusso dell’opportunità o meno di tale scelta».


Ora si potrebbero replicare tante cose a partire da quello che, ipotizziamo acidamente anche nel tono di voce, ha detto la presidente Pezzopane "conosco bene la differenza...". Ma cara signora, mica le avevo contestato ignoranza, avevo contestato il suo comportamento. Conoscere, infatti, non equivale a bene operare, e non è che la si scopra oggi questa cosa.

Più intrigante e più diretta all'estensore della miscellanea è la replica di Pietro Di Stefano (...il destino beffardo dei nomi, proprio un Pietro di Stefania...), che oltre a guidare il gruppo del PD nel consiglio comunale della città che mi ha dato i natali, si erge a paladino di Madonna Stefania, novello cavaliere senza macchia e senza paura contro gli ignobili assalti ai danni dell'amata presidente.

Tanta la foga proruppe dalle labbra del cavaliero da schiacciare lo stesso senso delle parole poverelle uscite tra lo strepito della sua bocca. Dalle colonne del Centro s'affaccia così basita al mondo un'"invettiva di dimissioni", alla cui lettura tutti fanno oh, soprattutto quando si moltiplica trovandosi ad essere "lanciate", forse per sottolineare ed enfatizzare la virulenza sacrilega dell'assalto (e come ci cade a fagiuolo il verbo lanciare per alludere all'infida saetta) contro l'amata presidente.
Presidente che si trova, nelle parole del fido Pietro (immune da canti di galli), in una scomoda, benché condivisa, posizione: quella su un doppione di sedi. O fido cavaliere, e non ci sarà il rischio che stia in bilico Monna Stefania? Soccurre, Pietro, adiuta.
Da ultimo il cavaliere interroga con sdegno: perchè si è voluto ficcare dentro il partito? E che ne sappiamo noi? Ma soprattutto chi ha ficcato dentro? E che vorrà mai dire ficcare? I siciliani penseranno a un'oscenità, noi altri a una certa ineleganza della frase.
Ma via, non di raffinatezze di stile s'ha da intendere un paladino, ma di vigore e di eroicità.
E nelle frasi del nostro Pietro vi sono l'uno e l'altra, se ve le pone attonito il lettore che se le trova di fronte nel giornale della domenica. Vigore di intelligenza nel cercare i significati, eroicità nel portare avanti la lettura.

E sì caro fratello. Questo succede, quando si invettiva Monna, un Lothar implacabile ti finisce.

sabato 11 ottobre 2008

e il Centro titola: nel PD Presutti contro Pezzopane

dal Centro di sabato 11 ottobre, pagina 12

L’Aquila e Pescara divise come 37 anni fa
Cialente: il doppione è uno spreco immorale. Nel Pd Presutti contro Pezzopane

di Giustino Parisse

L’AQUILA.Oggi L’Aquila non ci sarà. Nessun rappresentante del capoluogo di Regione parteciperà all’inaugurazione della sede del consiglio regionale a Pescara. «E’ una cosa immorale» ha detto il sindaco dell’Aquila, Cialente. Dopo 37 anni la Regione torna a dividere L’Aquila e Pescara.
La posizione del sindaco arriva 24 ore dopo quella della presidente della Provincia Stefania Pezzopane che aveva parlato di «spreco di denaro e inutile doppione». E proprio questa dichiarazione spacca anche il Partito democratico. Marco Presutti dirigente regionale del Pd, chiede le dimissioni della collega di partito dalla presidenza del Pd regionale.
«Questa regione ha bisogno di unità e chi ha funzioni regionali deve spendersi per garantirle, senza evocare i fantasmi dei campanilismi», sottolinea Presutti, «per questo, io da nativo dell’Aquila e figlio di un aquilano, vivo a Pescara per ragioni di lavoro mi sento offeso e umiliato dalla polemica della Pezzopane. Io ritengo che è una sede legittima perchè lo statuto prevede che il consiglio si riunisca all’Aquila e Pescara. Finora, inoltre, si spendevano soldi dei fitti, semmai così si evita uno spreco. La polemica è quindi fuori luogo. A questo punto o Stefania Pezzopane riconosce di aver sbagliato, oppure se persiste in questo atteggiamento di irresponsabilità istituzionale, è evidente che non può continuare a svolgere la funzione di presidente del Pd abruzzese. Se non si scuserà o presenterà le dimissioni non parteciperò più ai lavori dell’assembla regionale del Pd».
La Pezzopane replica indirettamente: «Dopo il mio no alla partecipazione all’inaugurazione» ha detto «ho ricevuto decine di sms di persone che si sono dette d’accordo con me. Quella nuova sede è uno schiaffo ai tanti che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e anche al ruolo istituzionale dell’Aquila capoluogo». La nuova sede del consiglio regionale di Pescara è costata circa 10 milioni di euro e per far funzionare gli uffici (soprattutto quelli dei gruppi consiliari) avrà bisogno di personale aggiuntivo a quello che già esiste. Una montagna di soldi per dotare la Regione Abruzzo, caso forse unico in Italia, di ben tre aule consiliari: quella “vecchia” all’Aquila (che ancora è in funzione), quella nuova sempre all’Aquila (pronta da tempo ma ancora inutilizzata) e quella nuova a Pescara che, tra l’altro, è ancora tutta da fare visto che attualmente nel palazzo acquistato dalla Regione c’è solo una sala congressi non attrezzata per eventuali consigli regionali. Insomma un pasticcio che butta benzina sul fuoco sul contestatissimo compromesso che nel 1971 - fra proteste, barricate e cariche dei celerini - di fatto divise gli uffici della Regione un po’ all’Aquila e un po’ a Pescara. Il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente è durissimo: «Nel momento in cui si tagliano fondi a istituzioni culturali - che sono il vanto dell’Aquila - e persino alla mensa dei poveri, si dà vita a una vera e propria fiera dello spreco e dell’inutile. Non me la sento di partecipare alla triste danza che si consumerà intorno al bisonte che muore».

Devo riconoscere che a parte qualche solecismo il giornale ha riportato correttamente il mio pensiero, senza indulgere ai sensazionalismi. è saltata del tutto, invece, penso per ragioni di spazio, il riferimento alla lista che ho coordinato sul piano regionale alle primarie del partito, la lista Letta. Con quella lista, infatti, noi abbiamo perseguito una posizione di unione tra le componenti del partito e tra i territori della regione. Quella politica ci ha premiato e ci ha attribuito il 10 % alla primarie del 14 ottobre del 2007. Per questa ragione non ho potuto tacere di fronte ai risorgenti campanilismi pezzopaniani.

Il giornale ha reso più tirata l'uscita sulla prima pagina nella quale oggi si legge

Oggi nel capoluogo adriatico l’apertura di una nuova sede La Regione divide L’Aquila e Pescara Cialente e Pezzopane disertano la cerimonia, lite anche nel Pd L’AQUILA.Un salto all’indietro nel tempo di 37 anni. E’ questo l’effetto della inaugurazione, prevista oggi nel capoluogo adriatico, della sede pescarese del consiglio regionale. Come nel 1971, quando di decise di “spartire” gli assessorati, L’Aquila (capoluogo regionale) e Pescara tornano a dividersi. La cerimonia di stamani sarà disertata dal sindaco dell’Aquila Cialente e dalla presidente della Provincia, Pezzopane. Ed è scontro anche nel Pd. Presutti chiede le dimissioni della Pezzopane che ieri aveva detto: «La doppia sede è inutile e costosa».

Condivido pienamente il fatto che questa inutile uscita polemica della presidente Pezzopane ci faccia compiere un salto indietro di 37 anni.
Cara Pezzopane, guarda che io ne ho solo 34!!!

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ore 16,00
ho appena inviato per mail una lettera all'assemblea regionale del PD attualmente in corso, nella quale spiego perché non parteciperò all'incontro. Spero che venga letta. A beneficio delle moltitudini di lettori della miscellanea la riporto per intero:

Pescara, 11 ottobre 2008

Al Segretario Regionale
del Partito Democratico d’Abruzzo

Ai Componenti l’Assemblea Regionale
del Partito Democratico d’Abruzzo

Loro sedi


Cari amici,
oggi non parteciperò con voi all’Assemblea regionale convocata a Sulmona.
Questa assenza è motivata da una scelta politica.
Non è ammissibile che la presidente dell’Assemblea, dott.ssa Stefania Pezzopane, dia spazio a polemiche di taglio campanilistico che, a prescindere dal merito più che discutibile, veicolano elementi pericolosi di rottura e di frizione in una regione che oggi più che mai ha bisogno di unità per superare la presente crisi economica e politica.
Come abruzzese nato da un aquilano e da una pescarese che hanno scelto di amarsi e di costruire una famiglia nei primi anni Settanta, mentre tanti loro concittadini si combattevano in una lotta tanto grottesca quanto sterile, non posso accettare che chi ha responsabilità regionali favorisca nuovi e sciagurati rigurgiti localistici.
La classe dirigente del Partito Democratico deve dimostrare di avere un progetto complessivo per tutto l’Abruzzo, evitando di percorrere la strada facile, ma pericolosa ed improduttiva, del consenso municipalistico.
Su questa posizione lo scorso anno ci siamo candidati alle primarie con le Liste di Enrico Letta che hanno ottenuto complessivamente circa il 10% dei consensi degli abruzzesi.
Questa posizione resta ancora oggi ferma per me e per gli amici che in tale linea vogliono riconoscersi.
Da qui dobbiamo ripartire per restituire forza ed autorevolezza al nostro partito anche alle prossime elezioni regionali.
Da liberale e da democratico, tuttavia, non voglio stigmatizzare o censurare comportamenti altrui, ma chiedo che la presidente Pezzopane chiarisca la sua posizione.
Se le sue dichiarazioni alla stampa sono state fraintese lo dica e contribuisca anche lei all’integrazione tra i nostri territori. Se, invece, il suo pensiero di oggi resta quello pubblicato ieri sulla stampa, credo che la dott.ssa Pezzopane non possa più essere la presidente dell’Assemblea, la presidente che anche io ho votato.
Confido che la presidente voglia chiarire al più presto la sua posizione, anche approfittando dell’assemblea di oggi e rilanciando un segnale di unità.
Fino a quando non ci sarà questo chiarimento indispensabile, per rimarcare l’importanza di questo tema, con rammarico non potrò più partecipare ai lavori dell’Assemblea regionale.
Con cordiale amicizia vi saluto tutti, augurandovi buon lavoro per l’Abruzzo


Marco Presutti

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alle 22,00 dello stesso 11 ottobre ho appreso che la mia lettera non è stata letta ai membri dell'Assemblea Regionale, né si è fatto cenno del suo contenuto neppure per sommi capi nel corso della riunione. Ne consegue che, ovviamente, la dr.ssa Stefania Pezzopane non ha chiarito in alcun modo il senso delle sue dichiarazione campanilistiche, né le ha sconfessate in alcun modo.
Ma che bel partito democratico il nostro, più che altro un democratico partito, chissà come sarà una volta arrivato.

cara Pezzopane il campanilismo è un orrore. o correggi la linea o ti dimetti : a te la scelta

Da tempo sono avvezzo a leggere e sentire di tutto dagli esponenti della sedicente classe dirigente al vertice del mio partito in Abruzzo. Per fortuna, però, mi riesce ancora di indignarmi quando viene superata oltre una certa misura la linea della decenza.
Ne ho avuto conferma oggi quando a pagina 13 del Centro (ed. del 10 ottobre 2008) ho letto:

«Nuova sede, solo sprechi».
Pezzopane: no al palazzo della Regione a Pescara
Alla vigilia della cerimonia di inaugurazione (della nuova sede del Consiglio regionale a Pescara) lo scontro si infiamma per la dura presa di posizione del presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane presidente del Pd, che ha declinato polemicamente l’invito a partecipare all’evento formulato dal presidente del Consiglio regionale, Marino Roselli suo collega nel Pd.
«L’ho fatto», spiega la Pezzopane, «perché ritengo inopportuna la scelta di creare inutili doppioni, per ragioni economiche, sociali e politiche. E’ singolare che solo in Abruzzo, proprio nell’era dei collegamenti telematici, si senta la necessità di moltiplicare sedi ed uffici, in spregio alle spese che questo comporta, e all’offesa che si arreca al capoluogo istituzionale e alla sua popolazione della Provincia dell’Aquila, già umiliata da un depauperamento senza precedenti nella storia di questa città».


Questa lettura mi ha lasciato prima attonito e poi mi ha suscitato un'indignazione emula dei buoni vecchi principi di Giovenale.
Non è più ammissibile tollerare tanta faziosità da parte di chi ha responsabilità istituzionali.
In Abruzzo abbiamo sempre più bisogno di unità tra i territori, soprattutto in un momento di crisi come questa. E cosa succede invece? Una presidente di Provincia risuscita una polemica campanilistica degna degli anni più bui del Novecento.
Una presidente di Provincia che per di più è anche presidente dell'Assemblea Regionale del Partito Democratico.
Evidentemente, però, la consapevolezza dei doveri imposti dal ruolo sono meno forti degli appetiti elettoralistici che la demagogia e il campanilismo possono soddisfare con poca spesa, anche se con molti danni.
Io voglio sperare che la posizione della Pezzopane sia frutto di un fraintendimento. Se è così che la presidente intervenga e corregga l'errore. Ma se così non è, allora dobbiamo prendere atto che la Pezzopane non è adeguata a svolgere la funzione di presidente dei democratici d'Abruzzo.
Per questo chiedo alla Pezzopane di assumersi le sue responsabilità: o corregge il tiro, o si dimette.
Io nel frattempo non prenderò più parte all'Assemblea Regionale del Partito fino a quando la presidente non avrà voluto chiarire la sua posizione.
Ne va della dignità del partito, ne va della nostra credibilità di "classe dirigente" in grado di proporre idee per lo sviluppo di tutto l'Abruzzo, ne va di una concezione della politica come rappresentanza di interessi generali e non di particolarismi di orticello e e di bottega.

mercoledì 1 ottobre 2008

la malattia della scuola? la cattiva pedagogia

Tra le più grandi fortune della mia vita c'è quella di aver conosciuto e di aver potuto scambiare qualche parola con Luciano Canfora. Uno dei pochi maestri ancora in circolazione, uno di quelli di cui bisogna "leggere tutto". Anche sulla scuola il suo pensiero è nitido, corrosivo, salutare, come lo è la sua filologia.
Riporto per intero la sua intervista del 29 settembre scorso al quotidiano "Libero". L'intervista, a pag. 33 del quotidiano, è di Miska Ruggieri. Il titolo è eloquente : "Scuola malata di cattiva pedagogia".

"A Cividale del Friuli, al convegno internazionale di storia antica “Ordine e sovversione nel mondo greco e romano” organizzato dalla Fondazione Canussio, ha trattato della costituzione mista, dalla celebre definizione di Polibio a Machiavelli. Ma lo storico e filologo Luciano Canfora non si tira certo indietro davanti ad argomenti di attualità. Tanto che, la settimana scorsa, durante un dibattito pubblico, al romanziere spagnolo Arturo Perez-Reverte, che proclamava la fine dell’Occidente, non meritevole nemmeno di compassione, rispondeva di riporre tutte le sue speranze nella scuola.

Professore, mostra un ottimismo davvero sorprendente.
«Beh, è un ottimismo di lunga durata. Ormai quelli che cambiano il mondo sono coloro che lavorano con il cervello, ci sara sempre più lo sfruttamento delle qualità mentali più che fisiche, non solo per creare rna anche per far funzionare Ie cose. Quindi la scuola non può che essere in primo piano. I professori sono un ceto sofferente, i peggio pagati, dequalificati e quel che si vuole. Però hanno anche grandi responsabilità. Bisognerà inevitabilmente puntare su di loro».

Perciò una riforma della scuola è urgentissima.
«Riformare la scuola significa riformare tutta la società. Perché altrimenti ci saranno sempre differenze abissali tra un istituto dello Zen a Palermo e uno del centro di Milano. Bisogna creare attorno alla scuola e ai docenti altri operatori che diano loro aiuto. Certo, questo puo apparire rivoluzionario e pure utopistico, comporta un costo enorme in denaro e nessun partito sottoscriverebbe un tale programma, visto che anzi tutti tendono ad accorciare il percorso scolastico. Io invece lo allungherei, fornendo anche spazi, biblioteche, strumenti, insegnanti di supporto per il pomenggio».

Le riforme di Berlinguer e della Moratti sono state un disastro.
«Berlinguer ha squalificato l’Universita, abrogato i concorsi di accesso alla scuola e inventato le famigerate Siss. Ha rovinato un’intera generazione».

Cosa ne pensa dei primi provvedimenti della GeImini?
«Dell’obbligo del grembiule nulla di particolare: puo essere utile per i più piccoli. Non mi piace, invece, il ritorno al maestro unico. Poteva andare bene nel passato, quando molte maestre hanno compiuto atti di eroismo operando in situazioni disagiate. Ma adesso è fuori dal tempo. Ci sono classi con disabili, con extracomunitari che non conoscono l’italiano, tutti insieme. Una persona da sola si spara…».

Una motivazione è economica. Meglio pagare bene cento persone che male mille.
«Se il problema principale sono i soldi, facciamo prima a chiudere le scuole per dieci anni.. Per risparmiare si potrebbero intanto evitare gli invii di truppe all’estero».

Però quello della stipendio è un grande problema. Ha visto in tv la hostess dell’Alitalia sdegnata per essere stata paragonata a un insegnante di liceo?
«Con tutto il rispetto per la reazione istintiva di una persona che forse non sa nulla del mondo della scuola, il tono era sbagliato. Ma il problema è più complesso. Sono venute meno quelle forze politiche, specie di sinistra, e sindacali in grado di far ragionare i loro simpatizzanti o iscritti in termini di interessi generali. Ogni segmento pensa ai fatti propri e chi se ne importa dell’insieme».

Ormai i contenuti sono diventati un optional, annegati in un mare di pedagogia.
«Sono molto ostile al vaniloquio pedagogico. Nelle Siss, per fortuna ora interrotte, per un anno non si faceva altro che chiacchiericcio sui metodi di insegnamento. Come insegnare la teoria del nuoto. Assurdo: si impara a insegnare appunto insegnando. Ridiamo piuttosto la centralità ai contenuti, alla trasmissione di un sapere specifico».

Nel suo pamphlet Filologia e libertà invoca per esempio l’insegnamento del latino dei moderni.
«E un mio pallino. Il latino non e mica finito con Cassiodoro, ha avuto una vitalità lunghissima, Erasmo, Galileo, Leibnitz, Newton, Kant e tanti altri scrivevano cose fondamentali in latino. Perché a scuola i professori devono spiegare come la lingua di Plauto sia diversa da quella di Tacito e non sprecano una parola sulle differenze, per esempio, con Bacone? Oppure perche nessuno si occupa della Vulgata di Girolamo, un fior di latino assai diverso da quello classico? E’ una mentalità davvero angusta. Eppure gli studenti si divertirebbero».

Prendendo spunto dal titolo del convegno, una buona ricetta per la scuola potrebbe essere più ordine gentiliano e meno sovversione sessantottina?
«La riforma di Gentile è stata rivoluzionana, uno svecchiamento del modello ottocentesco, e non ha nulla a che vedere con il fascismo, che diventa regime solo dopo il delitto Matteotti. Tanto è vero che è stata pensata insieme a Croce, allora ministro del governo Giolitti. Del resto, anche Gramsci nei Quaderni ne indicava i lati positivi. La vera riforma fascista è stata quella di Bottai, della scuola media unica. Una riforma necessaria (poi annullata da Badoglio come tutti i provvedimenti del regime, anche quelli giusti) che ci siamo dovuti reinventare. Il ‘68 invece è stato un gigantesco movimento liberale, che ha finito per approdare all’anarchia, alla nullità del facciamo quello che ci pare. I sessantottini si dicevano marxisti o maoisti soltanto perché quello era l’unico linguaggio rivoluzionario a disposizione. Ora per fortuna sono in pensione".

"Sono molto ostile al vaniloquio pedagogico". Che dire? Canfora mi regala un bellissimo motto.