giovedì 27 settembre 2012

Acrobazie mediatiche. Ovvero come ti trasformo l’ancella del bruto nella luminosa patrona delle mamme che lavorano; sempre prescindendo dalla persona in carne ed ossa.





Un’immagine, ormai, conta più di chi vi è ritratto. È un segno perfettamente manipolabile per ogni uso e riuso, senza alcuna considerazione del valore reale e della dignità del soggetto raffigurato. Si gioca sulle emozioni, non sui ragionamenti. Basta evocare e, evocando, non pare nemmeno un abuso passare tutto il resto sotto silenzio. Accade così che la medesima persona possa essere oggi segno di infamia, domani di ammirata emulazione, prescindendo dalla sua verità esistenziale. Basta scegliere l’immagine giusta. Magari ad opera dello stesso soggetto mediatico. Questo, ad esempio, è il caso di alcuni giornalisti di un settimanale nazionale e di una donna impegnata nelle istituzioni.

Partiamo dalla copertina di un libro, O i figli o il lavoro, scritto da Chiara Valentini, giornalista dell’Espresso.



Nel cupo di uno sfondo bluastro si staglia luminosa la figura di una giovane donna che tiene un fantolino fasciato in grembo. La donna è colta in un atteggiamento assertivo, un microfono portatile le incornicia il volto, ma non dà l'idea di un'operatrice di un call center sfinita da un lungo turno di lavoro. Esprime tensione e potenza con la mano alzata e il pollice sollevato, quasi in contrasto con il candore del velo che le cinge al corpo la sua creatura.

Chi raffigura un'immagine così possente? Un'europarlamentare eletta nelle file del PDL, Licia Ronzulli, di professione infermiera, quindi “responsabile del coordinamento delle professioni sanitarie” in una casa di cura milanese. 40.016 preferenze conquistate nel Nord-Ovest sono state per la Ronzulli il biglietto giusto in direzione Bruxelles. Un trionfo per una persona alle prime armi in politica.
Ma non è questo dato, certamente sorprendente, a suscitare nel 2009 l'interesse nei confronti della giovane europarlamentare. La questione è tutt’altra ed è tutta pruriginosa, come ben si conviene a una nazione in cui persino i liberal fanno del pettegolezzo più lercio il fondamento dell’etica pubblica.
In piena campagna per le elezioni europee parte la madre di tutte le battaglie contro Silvio Berlusconi, in quel momento Presidente del Consiglio e leader del PDL. L'accusa riguarda la vita privata del premier, le sue notti brave in compagnia di giovani donne e, teste la stessa consorte Veronica Lario in una dichiarazione all'ANSA, si insinua il sospetto che Berlusconi voglia candidare alle Europee alcune delle sue belle di notte.
Dopo le prime scaramucce mediatiche la battaglia infuria con la richiesta di divorzio di Veronica Lario e con l'esplodere del caso delle foto delle feste a Villa Certosa ben frequentate da ragazze discinte, pubblicate dal settimanale «L'Espresso», organo di un gruppo editoriale non esattamente terzo rispetto alla vicenda politica.
Qui si tirano le somme e parte la caccia alle donne del premier, soprattutto a quelle sospettate di aver ricevuto incarichi politici in cambio di affettuosità. Inevitabile appare il coinvolgimento della votatissima Ronzulli, trionfalmente eletta a Bruxelles. La donna nega di aver mai partecipato a feste nella villa sarda di Berlusconi, ma un’altra ragazza, Barbara Montereale, la smentisce; sarebbe stata addirittura lei l’organizzatrice della logistica delle ospiti del cavaliere. A quel punto la Ronzulli replica piccata di essere stata a Villa Certosa solo in compagnia del marito. La cosa poteva terminare anche qui, ma L’Espresso non molla la presa e anche negli anni a seguire non mancano gli articoli che chiamano pesantemente in causa la donna nell’organizzazione delle feste berlusconiane, descritte sempre con toni che fanno subito lupanare.
Del resto il bersaglio nel mirino è troppo grande per preoccuparsi delle schegge che colpiscono i personaggi di contorno.

Il 22 settembre del 2010 la Ronzulli riesce in un colpo di scena che muta radicalmente attenzione mediatica su di lei. Va in onda l’immagine da cui siamo partiti. L’onorevole si presenta alla seduta del Parlamento Europeo tenendo la figlia avvolta a sé in una sorta di marsupio di tela come una regina africana, per tacere di riferimenti meno idonei alla vicenda.
A questa presentazione insolita la Ronzulli aggiunge una dichiarazione «Il pensiero va alle tante donne che non possono conciliare lavoro e vita di madre. Chiedo l’impegno di questo Parlamento perché nessuna donna debba trovarsi più davanti a un bivio».
L’iniziativa dell’onorevole è un successone, ottenendo riconoscimenti persino dalla stampa internazionale. Qualcuno potrebbe chiedersi se un’europarlamentare non abbia di che pagare una babysitter, come riesce alla molto meno abbiente mamma italiana media, e potrebbe osservare che l’Europarlamento non dovrebbe essere una sorta di kindergarten, considerando che due anni dopo la scena viene replicata con la bimba che addirittura alza la mano con la mamma quando si vota. Tant’è. A brigante, brigante e mezzo, la Ronzulli aveva ragionevoli motivazioni per riscattare la sua immagine bersagliata dall’artiglieria campale della stampa sinceramente democratica de’ noantri.

Quel che davvero sbalordisce è che la stessa stampa elegga l’onorevole a icona della battaglia della donna per conciliare maternità e lavoro. Così fa Chiara Valentini, giornalista dell’Espresso come abbiamo ricordato, che nel pubblicare il suo pamphlet sulle gravi difficoltà che incontrano le madri lavoratrici (o quante vorrebbero essere entrambe le cose), sceglie l’immagine da cui siamo partiti come copertina di forte impatto, senza peraltro dedicare un rigo (un rigo, non una ritrattazione o una richiesta di scuse) alla donna che in essa è ritratta, alla sua storia. La storia di una donna colpita nella sua dignità con tutto il clamore di un formidabile sistema mediatico.
Tutto questo non rileva, l’immagine è forte, è di per sé eloquente. Va bene così. In un’acrobazia mediatica l’organizzatrice dei festini di Berlusconi diventa la patrona della donna consapevole di se stessa e dei suoi diritti. La vera storia di Licia Ronzulli non interessa a nessuno. In nome dei diritti e della libertà della donna. Naturalmente.