martedì 19 giugno 2012

Bersani e la "diversità morale". Sull'ineluttabilità di restare comunisti e sul nostro bisogno di chiedere scusa per averlo inteso così tardi.


Va beh, lo ammetto che mi son sbagliato e accetto il "crucifige" e così sia,
chiedo tempo, son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato.


F. Guccini,  L'avvelenata

Bersani che fa omettere al PD il suo compito di indicare i membri del consiglio di amministrazione della RAI per delegarlo ad associazioni supposte civili ma soprattutto espressione del bel mondo che conta e che canta sulla stampa di riferimento, rinnova il mito della "diversità" caro al PCI berlingueriano.
In questo tempo di rutilante antipolitica Bersani sembra voler dire "non siamo come gli altri che mettono in RAI gli amichetti loro, siamo seri, non ci interessano questi giochini". Per questa ragione delega l'indicazione dei nuovi membri ad associazioni minoritarie immaginando di aver compiuto chissà quale atto di fulgente democrazia.
In realtà la pavloviana diversità conduce il leader di quello che ad oggi pare il partito italiano più in alto nei consensi sul terreno scivoloso dell'antipolitica.
Se i partiti non riescono o non sanno assumersi le loro responsabilità attraverso gli eletti in Parlamento, perché continuare a riconoscerli, sostenerli, finanziarli?
Ogni volta che la politica rinunzia al suo ruolo per cercare di accarezzare lo spirito del tempo non fa altro che mostrare la sua crisi e la sua inutilità.
Ma chi è cresciuto a pane, salamella e "diversità morale" non riesce proprio ad intenderlo. Né ad essere altro che il comunista che negli anni '80 preferiva stare nel frigo piuttosto che farsi carico dei cambiamenti necessari a rappresentare un mondo nuovo. Erano comunisti e lo sono rimasti. Purtroppo.
Siamo stati fessi noi a non averlo capito prima. E non possiamo fare altro che chiedere indulgenza a voi con le parole di Guccini.


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