mercoledì 1 ottobre 2008

la malattia della scuola? la cattiva pedagogia

Tra le più grandi fortune della mia vita c'è quella di aver conosciuto e di aver potuto scambiare qualche parola con Luciano Canfora. Uno dei pochi maestri ancora in circolazione, uno di quelli di cui bisogna "leggere tutto". Anche sulla scuola il suo pensiero è nitido, corrosivo, salutare, come lo è la sua filologia.
Riporto per intero la sua intervista del 29 settembre scorso al quotidiano "Libero". L'intervista, a pag. 33 del quotidiano, è di Miska Ruggieri. Il titolo è eloquente : "Scuola malata di cattiva pedagogia".

"A Cividale del Friuli, al convegno internazionale di storia antica “Ordine e sovversione nel mondo greco e romano” organizzato dalla Fondazione Canussio, ha trattato della costituzione mista, dalla celebre definizione di Polibio a Machiavelli. Ma lo storico e filologo Luciano Canfora non si tira certo indietro davanti ad argomenti di attualità. Tanto che, la settimana scorsa, durante un dibattito pubblico, al romanziere spagnolo Arturo Perez-Reverte, che proclamava la fine dell’Occidente, non meritevole nemmeno di compassione, rispondeva di riporre tutte le sue speranze nella scuola.

Professore, mostra un ottimismo davvero sorprendente.
«Beh, è un ottimismo di lunga durata. Ormai quelli che cambiano il mondo sono coloro che lavorano con il cervello, ci sara sempre più lo sfruttamento delle qualità mentali più che fisiche, non solo per creare rna anche per far funzionare Ie cose. Quindi la scuola non può che essere in primo piano. I professori sono un ceto sofferente, i peggio pagati, dequalificati e quel che si vuole. Però hanno anche grandi responsabilità. Bisognerà inevitabilmente puntare su di loro».

Perciò una riforma della scuola è urgentissima.
«Riformare la scuola significa riformare tutta la società. Perché altrimenti ci saranno sempre differenze abissali tra un istituto dello Zen a Palermo e uno del centro di Milano. Bisogna creare attorno alla scuola e ai docenti altri operatori che diano loro aiuto. Certo, questo puo apparire rivoluzionario e pure utopistico, comporta un costo enorme in denaro e nessun partito sottoscriverebbe un tale programma, visto che anzi tutti tendono ad accorciare il percorso scolastico. Io invece lo allungherei, fornendo anche spazi, biblioteche, strumenti, insegnanti di supporto per il pomenggio».

Le riforme di Berlinguer e della Moratti sono state un disastro.
«Berlinguer ha squalificato l’Universita, abrogato i concorsi di accesso alla scuola e inventato le famigerate Siss. Ha rovinato un’intera generazione».

Cosa ne pensa dei primi provvedimenti della GeImini?
«Dell’obbligo del grembiule nulla di particolare: puo essere utile per i più piccoli. Non mi piace, invece, il ritorno al maestro unico. Poteva andare bene nel passato, quando molte maestre hanno compiuto atti di eroismo operando in situazioni disagiate. Ma adesso è fuori dal tempo. Ci sono classi con disabili, con extracomunitari che non conoscono l’italiano, tutti insieme. Una persona da sola si spara…».

Una motivazione è economica. Meglio pagare bene cento persone che male mille.
«Se il problema principale sono i soldi, facciamo prima a chiudere le scuole per dieci anni.. Per risparmiare si potrebbero intanto evitare gli invii di truppe all’estero».

Però quello della stipendio è un grande problema. Ha visto in tv la hostess dell’Alitalia sdegnata per essere stata paragonata a un insegnante di liceo?
«Con tutto il rispetto per la reazione istintiva di una persona che forse non sa nulla del mondo della scuola, il tono era sbagliato. Ma il problema è più complesso. Sono venute meno quelle forze politiche, specie di sinistra, e sindacali in grado di far ragionare i loro simpatizzanti o iscritti in termini di interessi generali. Ogni segmento pensa ai fatti propri e chi se ne importa dell’insieme».

Ormai i contenuti sono diventati un optional, annegati in un mare di pedagogia.
«Sono molto ostile al vaniloquio pedagogico. Nelle Siss, per fortuna ora interrotte, per un anno non si faceva altro che chiacchiericcio sui metodi di insegnamento. Come insegnare la teoria del nuoto. Assurdo: si impara a insegnare appunto insegnando. Ridiamo piuttosto la centralità ai contenuti, alla trasmissione di un sapere specifico».

Nel suo pamphlet Filologia e libertà invoca per esempio l’insegnamento del latino dei moderni.
«E un mio pallino. Il latino non e mica finito con Cassiodoro, ha avuto una vitalità lunghissima, Erasmo, Galileo, Leibnitz, Newton, Kant e tanti altri scrivevano cose fondamentali in latino. Perché a scuola i professori devono spiegare come la lingua di Plauto sia diversa da quella di Tacito e non sprecano una parola sulle differenze, per esempio, con Bacone? Oppure perche nessuno si occupa della Vulgata di Girolamo, un fior di latino assai diverso da quello classico? E’ una mentalità davvero angusta. Eppure gli studenti si divertirebbero».

Prendendo spunto dal titolo del convegno, una buona ricetta per la scuola potrebbe essere più ordine gentiliano e meno sovversione sessantottina?
«La riforma di Gentile è stata rivoluzionana, uno svecchiamento del modello ottocentesco, e non ha nulla a che vedere con il fascismo, che diventa regime solo dopo il delitto Matteotti. Tanto è vero che è stata pensata insieme a Croce, allora ministro del governo Giolitti. Del resto, anche Gramsci nei Quaderni ne indicava i lati positivi. La vera riforma fascista è stata quella di Bottai, della scuola media unica. Una riforma necessaria (poi annullata da Badoglio come tutti i provvedimenti del regime, anche quelli giusti) che ci siamo dovuti reinventare. Il ‘68 invece è stato un gigantesco movimento liberale, che ha finito per approdare all’anarchia, alla nullità del facciamo quello che ci pare. I sessantottini si dicevano marxisti o maoisti soltanto perché quello era l’unico linguaggio rivoluzionario a disposizione. Ora per fortuna sono in pensione".

"Sono molto ostile al vaniloquio pedagogico". Che dire? Canfora mi regala un bellissimo motto.

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